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Investitori e obbligazioni: attenzione alle strutture complesse e ai rischi nascosti

Generalmente, alle obbligazioni sono attribuiti i caratteri della sicurezza e della semplicità. Ciò deriva dall’essenza stessa di questi strumenti finanziari, che assicurano al possessore il pagamento di remunerazioni periodiche a titolo d’interesse (le cosiddette cedole), nonché il rimborso del capitale versato alla scadenza del rapporto. Eppure, nonostante siano strutturate in modo chiaro, talvolta esse presentano alcuni rischi che non sono di facile individuazione per l’investitore poco esperto. Ecco perché è opportuno che ogni investitore sia correttamente informato sui rischi connessi all’obbligazione.

Vantaggi

Rischi sì, ma anche benefici. Se, come già detto, l’obbligazione resta tuttora una delle forme d’investimento preferite dai risparmiatori, è per quanto già anticipato: la loro struttura lineare e di facile intuizione, che offre vantaggi in termini di sicurezza e remuneratività. Per capire a pieno la portata di quanto appena detto, bisogna catapultarsi nel passato, osservando ciò che accadeva quando il mondo degli investimenti era ancora agli albori e offriva soltanto due strumenti finanziari: le obbligazioni e le azioni. Esse si differenziavano – e continuano a differenziarsi – per lo status attribuito ai rispettivi possessori. Se gli azionisti sono soci a pieno titolo (con tutti i rischi connessi a tale posizione), gli obbligazionisti rivestono invece il ruolo di meri creditori, destinatari pertanto di un rendimento periodico, scevro da ogni partecipazione attiva alla vita societaria.

Tipologie

Da una struttura semplice come quella appena delineata sono poi sorte, di pari passo con l’evoluzione del sistema mondo finanziario, numerose e varie forme di obbligazioni. Sarebbe difficile enumerarle tutte; più semplice, invece, raggrupparle per macrocategorie. In base a tale suddivisione, è possibile oggi individuare obbligazioni distinte quanto a:

  1. Emittente: i titoli di credito in esame possono infatti essere emessi da Stati (obbligazioni governative), da società (corporate) o da enti internazionali come la Banca europea per gli investimenti (sovranazionali);
  1. Grado di rischio: in tal caso si fa riferimento al rating (ossia la valutazione del merito creditizio) sia dell’ente emittente che della singola emissione;
  1. Grado di subordinazione: qui la distinzione è tra obbligazioni ordinarie e subordinate. In caso di fallimento della società, le prime vengono soddisfatte anticipatamente alle seconde;
  1. Grado di strutturazione: permette di distinguere tra quelle semplici (ove alla sottoscrizione fa seguito il pagamento periodico della cedola e la restituzione del capitale alla scadenza) e quelle strutturate. Queste ultime presentano al loro interno una serie di elementi derivati capaci di influire sul regolare andamento del titolo di credito, rendendolo per questo maggiormente remunerativo ma, al contempo, aumentandone i rischi.
  1. Valuta: categoria in cui rientrano quelle obbligazioni caratterizzate dal fatto che il pagamento della cedola e il rimborso del capitale sono corrisposti in valuta estera.

In definitiva, si tratta di un’offerta molto varia, in cui la scelta non è così lineare né tantomeno semplice, specie per chi non può vantare un’adeguata preparazione finanziaria.

Rischi

Proprio per questo motivo è fondamentale che la clientela retail (composta da pensionati, impiegati, operai, piccoli o grandi risparmiatori che non hanno specifiche conoscenze in tema di investimenti) abbia ben chiari quali siano i rischi connessi alla sottoscrizione di una qualsivoglia tipologia di obbligazione.

1. La complessità… non è per tutti

Innanzitutto, va chiarito che la massiccia presenza di diverse tipologie di obbligazioni sul mercato può confondere le idee di chi vuole investire il proprio gruzzolo in maniera semplice e remunerativa. Basti pensare ai numerosi casi in cui investitori non professionisti sono incappati nella sottoscrizione di strumenti finanziari non soltanto difficili da comprendere, ma anche troppo rischiosi per il loro portafoglio. Non di rado, infatti, a costoro sono state vendute obbligazioni complesse, originariamente destinate esclusivamente a operatori qualificati, come banche, fondi di investimento e assicurazioni.

2. Il pericolo legato alla valuta

Menzione particolare merita poi l’obbligazione in valuta estera. Come già specificato, essa prevede il pagamento della cedola e la restituzione del capitale in valuta straniera (per esempio: sterlina, dollaro, o yen). La rischiosità di un investimento simile sta nel fatto che si è esposti al rischio di cambio tra l’euro e la valuta di denominazione dell’obbligazione. Pertanto, un risparmiatore che intenda sottoscrivere questo strumento finanziario deve essere ben consapevole del fatto che può andare incontro a guadagni inferiori rispetto a quelli previsti, se non, nei peggiori dei casi, registrare clamorose perdite. Per fare un esempio, si pensi a quanti sottoscrissero obbligazioni in lira turca all’epoca in cui la moneta di Ankara era ben assestata sui mercati finanziari. Una realtà ben diversa da quella attuale, ove chi detiene obbligazioni di tal genere prossime alla scadenza rischia di perdere somme cospicue.

3. Attenzione alle obbligazioni subordinate. Il caso MPS

Non di rado, gli investitori possono essere allettati dalle obbligazioni subordinate, che offrono una remunerazione interessante in quanto, in caso di dissesto, vengono soddisfatte successivamente ad altri titoli di credito. Se, da un lato, la prospettiva di una remunerazione maggiore può essere invitante, dall’altro c’è da fare i conti con i pericoli connessi a un investimento simile. A fare da monito in tal senso è il caso del Monte dei Paschi di Siena, istituto di credito che, nel corso degli anni, ha offerto questa tipologia di obbligazioni a un parterre di risparmiatori non sufficientemente preparato, nè tantomeno dotato di un portafoglio adeguato. Per giunta, MPS, nel proporre il prodotto, ha talvolta offerto un’inadeguata informazione preliminare, se si considera che sugli ordini di vendita, nella maggior parte dei casi, si parlava addirittura di obbligazioni “ordinarie”, quando in realtà si trattava di subordinate. La beffa per i risparmiatori prese definitivamente forma nel 2017, quando, per evitare che la banca colasse a picco, un decreto governativo stabilì che, nell’impossibilità di ripagare le obbligazioni, le stesse venissero convertite in azioni, compromettendo così gravemente i risparmi degli investitori.

Quale soluzione?

Dunque, cosa fare al cospetto di così tanti rischi? Bisogna rinunciare a sottoscrivere questi strumenti finanziari e virare verso altri prodotti? Desistere non è soluzione valida quanto provare a comprendere. Per farlo nella maniera più opportuna, è bene affidarsi a chi può aiutare i risparmiatori, grandi o piccoli che siano, guidandoli verso la scelta finanziaria migliore. In sostanza, occorre affiancarsi a un partner capace di offrire una consulenza affidabile, in grado di individuare l’investimento più congruo per ogni investitore, in considerazione sia delle sue esigenze che delle sue capacità di risparmio.

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