“Perchè DEVO pagare tutte queste spese e tutti questi interessi alla banca?”
Questa è la domanda disperata che tutti i clienti – invero sia aziende che privati – si pongono e ci pongono. In effetti, la risposta è semplice…
La Banca potrebbe fregarti!
I modi possono essere molti ma la filosofia è unica e cioè: approfittare del buon andamento degli affari del cliente addebitandogli ogni tipo di costo.
Il cliente, a meno di zelanti collaboratori, non ne ha una percezione immediata fintanto che tutto fila liscio e i propri affari crescono: per l’imprenditore, infatti, i costi bancari non costituiscono una preoccupazione fintanto che lo stesso continua a respirare l’aria salubre che gli proviene dalla soddisfazione per il successo nel proprio lavoro.
Solo quando le difficoltà finanziarie cominciano a farsi sentire cresce in lui la consapevolezza di quanto la banca abbia in effetti lucrato e pretenda ancora di lucrare, sui sempre più scarsi rendimenti economici.
Per l’imprenditore in difficoltà e messo ai margini della “cordialità bancaria”, la fresca aria del successo assume ormai il cattivo sapore della paura di non poter far fronte ai propri impegni, senza dimenticare l’ulteriore trauma proveniente dall’inaspettato senso di solitudine dovuto dalla presa di distanze di chi – i parassiti sono presenti ovunque – salito sul carro del vincitore, prima ne osannava le gesta e poi ne rinnegava persino la conoscenza. E’ solo quando i rapporti sono deteriorati che il cliente “terrorizzato” dalle nefaste conseguenze – talvolta – si decide a farsi assistere da professionisti del settore.
Un’esempio pratico delle tecniche adoperate dagli istituti bancari nel corso degli anni che,
occultamente ha consentito alle stesse di accumulare notevoli somme di danaro ai danni dei clienti-imprenditori, è l’ANATOCISMO BANACARIO!
“Per anatocismo si intende la produzione di interessi da parte di interessi scaduti e non pagati”
https://www.treccani.it/enciclopedia/anatocismo/
Si tratta di una prassi che le banche applicavano soprattutto nei contratti più risalenti e incide sulla regolarità dell’addebito della capitalizzazione degl’interessi: la questione peculiare riguarda la modalità con la quale la banca ha rispettato il dettato della normativa che preserva il cliente dall’applicazione dell’anatocismo.
Orbene, senza entrare in dettagli troppo tecnici, si deve ricordare che una “legge” (Delibera Cicr 9 febbraio 2000) del 2000 imponeva che gl’interessi debitori e creditori fossero non solo stabiliti per iscritto ma che fosse anche rispettata la cosiddetta pari capitalizzazione, ossia che entrambi i tipi di interessi fossero capitalizzati con la stessa frequenza; quindi, l’ulteriore obbligo per le banche era quello di indicare in contratto oltre al cosiddetto Tasso Nominale anche quello comprensivo della capitalizzazione, ossia il c.d. Tasso Effettivo; ora, come si può facilmente intuire, il Tasso Effettivo deve per forza di cose avere un valore superiore a quello Nominale e ciò perché indica il valore del Tasso Nominale maggiorato degli interessi capitalizzati nell’intero periodo: in tal modo il cliente pattuisce con la banca il valore degl’interessi che gli saranno addebitati e accreditati e contemporaneamente è edotto dalla stessa dell’esistenza della capitalizzazione e del valore della stessa.
Si ricorda, inoltre, che la legge impone che l’addebito/accredito degl’interessi debitori e creditori capitalizzati avvenga simultaneamente, solo in tal caso è ritenuta valida la clausola che consente appunto l’incremento esponenziale degl’interessi.
Ma cosa combina la banca?
Anziché rispettare il dettato normativo, in maniera surrettizia, ne aggira il contenuto e il significato, facendo “distrattamente” sottoscrivere contratti in cui è pattuito un tasso creditore effettivo pari a quello nominale
Cosa significa?
Semplice. La banca violando questa norma intasca una barca di interessi capitalizzati senza che ci sia una valida pattuizione.
In che modo accade?
Se la banca, come anticipato, fissa un tasso creditore effettivo pari a quello netto vuol dire che in quel momento in cui sono liquidati gl’interessi debitori, non riconosce alcuna capitalizzazione su quelli creditori perché questi sono quelli che deve riconoscere al cliente.
L’eccessiva fame che porta le banche a voler tagliare ogni pagamento – anche minimo – in favore dei clienti, stavolta ha finito col farle tagliare anche il ramo su cui si trovano.
Infatti, come detto, la Suprema Corte di Cassazione con due pronunciamenti (Cassazione Civile, Sentenza n. 4321 del 10 febbraio 2022 – Cassazione Civile, Ordinanza n.18664 del 03.07.2023) ha sanzionato questa pratica bancaria ritenendola illegittima con la conseguenza che sono stati annullati tutti gl’interessi capitalizzati sin dall’inizio del rapporto.Questa buona notizia, comporta per l’imprenditore il vantaggio di pretendere il rimborso delle intere somme capitalizzate illegittimamente ed anche di ridurre il peso di tutti i costi sui successivi addebiti.
Come fare a ottenere tutto ciò?
Basta far verificare la documentazione bancaria al nostro Studio che sarà certamente in grado di rilevare l’illegittimità appena descritta ma anche altre che incidono su altri aspetti e che possono essere contestate per riequilibrare i rapporti ancora in corso ovvero ottenere un ristoro in caso di rapporti definitivamente chiusi.
Come dicevamo i meccanismi adottati sono veramente tanti e oggi col supporto della Suprema Corte di Cassazione uno di questi è stato disvelato e condannato.