Pro e contro dei fondi comuni di investimento, strumento che alletta i risparmiatori

Come tutti gli investimenti, anche i fondi comuni presentano rischi e benefici. Ridurre i primi senza intaccare i secondi è possibile. Ecco come fare.

Non è facile districarsi nell’articolato mondo degli investimenti. Non lo è in ragione dell’alacre attività svolta dall’ industria finanziaria che, nel corso degli anni, ha dato vita a un mercato ampio ed eterogeneo. Al cospetto di una simile vastità, finanche gli investitori più esperti potrebbero smarrirsi e conseguentemente mettere a repentaglio il proprio capitale. Prospettiva, quest’ultima, di certo poco allettante e pertanto da relegare nel campo dell’ipotetico. Per farlo, occorrono due strumenti: prudenza e conoscenza, che insieme costituiscono i mezzi con cui limitare le brutte sorprese e dissipare i dubbi dei risparmiatori. Dubbi che, spesso e volentieri, sono alimentati anche dalle tante (forse troppe) sigle che contraddistinguono questo specifico strumento finanziario. Si pensi, come esempio, all’ acronimo OICR, che designa gli Organismi di Investimento Collettivo di Risparmio. Un termine dietro cui si cela una pluralità di veicoli di risparmio, quali le SICAV, le ETF e i fondi comuni di investimento. Ed è proprio da questi ultimi che, in questa sede, vuole prendere avvio un percorso di conoscenza fondamentale per non smarrire la bussola finanziaria.

Cosa sono?

I fondi di investimento possono essere paragonati a raccoglitori di capitali, che in seguito vengono investiti. La clientela interessata a tale strumento affida dunque il proprio denaro a una SGR (Società di Gestione del Risparmio), la quale individua le asset class (come azioni, obbligazioni, certificati,  ecc.) in cui investire. Più specificatamente, i manager delle SGR creano fondi divisi in quote, acquistabili dai singoli risparmiatori. L’adesione a un fondo non comporta la messa a repentaglio del proprio denaro, dal momento che i capitali immessi restano separati dal patrimonio sociale e pertanto non sono suscettibili di aggressione da parte di eventuali creditori della società. A garanzia di quanto appena detto vige una prassi consolidata, secondo la quale i risparmi degli investitori non con fluiscono nelle casse della SGR, bensì vengono depositati in un’apposita banca (c.d. Banca Depositaria) e gestiti in ossequio alle politiche e alle strategie di investimento.

Tratto in comune con SICAV e ETF

La separazione tra capitale investito e patrimonio della società non è l’unico vantaggio di un simile strumento finanziario. Al pari delle SICAV e delle ETF, anche i fondi in esame consentono l’indubbio beneficio della diversificazione. Si tratta di una strategia risalente all’epoca in cui Venezia, potenza del commercio marittimo, era popolata da mercanti lungimiranti, che preferivano imbarcare le merci su più navi, così da ridurre drasticamente gli effetti negativi di un eventuale naufragio. Traslata nel settore della finanza, questa strategia si sostanzia nel suddividere il capitale in più classi di investimento, in modo da diminuire le probabilità di perdere l’ intera somma, che invece avrebbe maggiori possibilità di andar persa qualora fosse collocata su di un unico titolo o su pochi di essi.

Classificazione

I fondi comuni d’investimento non possono essere riconducibili a un’ unica forma, essendo svariati i profili con cui si presentano sul mercato. Tuttavia, una catalogazione può essere operata sulla base di alcuni elementi. In relazione a questi ultimi, i fondi comuni d’ investimento possono essere distinti quanto a:

  • Strumenti in cui si investe: in ragione di ciò, si avranno fondi azionari, obbligazionari, o bilanciati (costituiti sia da obbligazioni che da azioni, le cui percentuali sono affidate alla discrezionalità del gestore);
  • Valuta: a seconda che essi siano in euro o in valuta estera;
  • Categorie: in tal caso il fondo può essere chiuso (il numero massimo di quote, fissato al momento della costituzione, è immodificabile fino alla scadenza) o aperto (è possibile l’ingresso di nuovi investitori anche successivamente alla costituzione del fondo);
  • Regolamentazione: si fa riferimento alla giurisdizione e si distingue tra fondi armonizzati e non armonizzati. Nel primo caso, la normativa di riferimento è stilata dall’Unione Europea ed è fortemente improntata alla tutela dei risparmiatori. Nella seconda ipotesi, la giurisdizione di riferimento è extra UE, come può essere quella individuata dai fondi con sede legale nei paradisi fiscali.

L’elenco, che di certo non può considerarsi esaustivo, non può prescindere però dal prendere in considerazione anche i fondi monetari, per i quali è previsto un investimento in titoli di stato a breve termine (6 mesi o massimo un anno) o in operazioni facilmente liquidabili, come i pronti contro termine o i depositi bancari.

Accumulazione e distribuzione

Altra distinzione interessante che tuttavia – è bene ribadirlo – non esaurisce il novero dei fondi comuni di investimento, riguarda quella tra accumulazione e distribuzione. Nella prima ipotesi, i proventi del fondo non vengono distribuiti, bensì tornano a essere investiti nel fondo stesso, generando così un effetto moltiplicativo della performance. Differente è la logica sottesa al regime di distribuzione, in cui i proventi, una volta maturati, sono accreditati sul conto del cliente, il quale ne può dunque disporre liberamente.

Meglio prediligere l’accumulazione o la distribuzione? Per rispondere al quesito è opportuno considerare vari fattori, tra cui le condizioni di mercato. Qualora queste siano favorevoli, un fondo di investimento ad accumulazione beneficerà di un rendimento maggiore rispetto a quello garantito dallo stesso fondo con distribuzione dei proventi. Viceversa, in un contesto di mercato sfavorevole, converrà optare per il fondo a distribuzione, essendo migliore la performance offerta da quest’ultimo. Altro aspetto da non tralasciare è l’aspettativa del risparmiatore. Se questi ha bisogno di integrare il proprio reddito, potrà optare per la distribuzione. Ipotesi da scartare, invece, qualora egli non necessiti di una forma di integrazione del proprio reddito.

L’importanza del KIID

Andamento del mercato ed esigenze degli investitori sono punti di riferimento fondamentali, ma per investire consapevolmente in un fondo comune occorre altro. Nello specifico, è necessario comprendere a cosa si sta andando incontro, quali sono i rischi e le possibilità di guadagno. In tal senso, uno strumento di fondamentale importanza è il KIID (Key Investor Information Document). Si tratta di un documento che, in sole due pagine, addensa tutto ciò che il risparmiatore deve sapere prima di firmare il contratto. Dapprima vengono esplicate le finalità e le politiche d’investimento del fondo, poi sono illustrati il potenziale rendimento e il rischio a esso associato. Il tutto è semplificato da una scala numerica che va da un minimo di 1

(rischio basso) a un massimo di 7 (elevato). Nel documento trova spazio anche la voce relativa alle spese, tra le quali sono indicate – in termini percentuali – le commissioni di sottoscrizione e di rimborso, nonché quelle di gestione e performance. Inoltre, nel caso in cui il fondo sia dotato di uno storico di sufficiente durata, sono riportati anche i rendimenti degli anni precedenti, così da permettere al cliente di valutare la bontà del progetto.

Aderire sì, ma con attenzione

Quanto finora detto permette di comprendere che almeno tre sono i vantaggi che fanno propendere per il sì alla sottoscrizione. Il primo – come già precisato –caratterizzante anche le SICAV e le ETF, sta nel fatto che i fondi comuni di investimento consentono la diversificazione. A ciò si aggiunga la separazione tra capitale sociale e quello immesso, nonché la trasparenza garantita dal KIID, che ogni cliente ha diritto di visionare. Tutto questo, però, non sarebbe sufficiente in assenza di un atteggiamento di congrua prudenza. Nello specifico, è opportuno farsi consigliare da professionisti del settore che, una volta individuate le possibilità economiche e le esigenze di ogni singolo risparmiatore, potranno creare il portafoglio di investimenti più adatto alle sue specificità. In tal modo, sarà possibile diminuire i rischi insiti in ogni soluzione finanziaria, apprezzandone i ritorni economici senza incappare in sgradevoli sorprese.

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