La segnalazione in Centrale Rischi può estromettere l’impresa dal mercato del credito, con gravi conseguenze. Contrastarla è possibile. Ecco come.
Quale che sia l’attività imprenditoriale svolta, potrebbe capitare a chiunque di incappare in una segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia. Un’ipotesi che evoca prospettive poco confortanti, sia dal punto di vista professionale che personale. Il concretizzarsi di questa eventualità – seppur, come vedremo in seguito, strutturata in vari gradi di gravità – comporta infatti l’esclusione dal mondo del credito, le cui conseguenze negative sono facilmente immaginabili. Prive della liquidità messa a disposizione dalle banche, le aziende potrebbero correre rischi di una gravità tale da compromettere l’esistenza stessa dell’impresa. Mantenere rapporti sani con gli istituti bancari, mostrarsi a essi come partner affidabili, è dunque elemento fondamentale del business, ma lo è anche non issare bandiera bianca nel caso in cui si venga segnalati in CR.
Cos’è la Centrale Rischi?
Al cospetto di una simile eventualità, è dunque importante non dichiararsi sconfitti a priori. La segnalazione in Centrale Rischi può legittimamente essere vista come uno spauracchio, ma non bisogna dimenticare di considerarla per quella che è: un meccanismo di valutazione della solvibilità dei soggetti richiedenti un finanziamento. Tale valutazione si rende concretamente possibile mediante le informazioni contenute in un database istituito e tenuto dalla Banca d’Italia, in cui sono segnalate le esposizioni che ogni società, fideiussore o socio amministratore, ha nei confronti della singola banca che ha erogato il credito, nonché nei confronti dell’intero sistema bancario. Va altresì specificato che il database è costantemente aggiornato tramite il lavoro dei singoli istituti di credito che, mensilmente, provvedono ad aggiungere nuove informazioni a quelle già note.
Vari livelli di gravità
Come detto, la segnalazione non è di per sé sfavorevole all’imprenditore. Lo diventa quando essa è negativa, ossia nel momento in cui il saldo medio debitore è superiore alla concessione di credito in conto corrente (esempio: garanzia per un fido bancario da € 100 mila e ne vengono utilizzati 120 mila). A riguardo, bisogna precisare che la situazione non è particolarmente grave se si protrae soltanto per un periodo di tempo limitato. I problemi sorgono allorché essa raggiunge o supera un trimestre, soglia temporale a partire dalla quale scattano i seguenti tipi di segnalazioni:
- Sconfino tra i 90 e i 180 giorni: il debito è scaduto e si protrae lungo questo periodo di tempo. Si pensi, per esempio, a una società che ha beneficiato di un fido pari a € 100 mila e che, per il trimestre aprile – giugno, ha sempre superato tale limite. Ipotesi che, conseguentemente, fa scattare la segnalazione in CR;
- Sconfino oltre i 180 giorni: si tratta di una fattispecie ancor più grave. In tal caso, la segnalazione permette agli istituti di credito di constatare la situazione di insolvenza del debitore, che pertanto difficilmente potrà beneficiare di un ulteriore finanziamento;
- Sofferenza: è una tipologia di segnalazione non direttamente correlata a uno specifico periodo di tempo, bensì dipendente dal prolungato perdurare dello sconfinamento. Solitamente essa si realizza allorché si manifestino anche segnali di una possibile insolvenza.
Tra quelle indicate, l’ultima fattispecie è di certo la meno auspicabile, poiché comporta la revoca del finanziamento e la segnalazione del socio amministratore o del/i fideiussore/i come garanti di una posizione in sofferenza.
Possibili rimedi.
1) Saldo e stralcio
Senza timore di incorrere in esagerazioni, si può dire che la segnalazione in CR corrisponde alla morte sul mercato del credito. Un socio amministratore o un fideiussore, una volta segnalati, perdono la possibilità di accedere a finanziamenti ulteriori, sia come professionisti che come privati. Pertanto, è fondamentale cercare di contestare – in maniera legittima – il provvedimento. La contestazione può avvenire secondo due modalità, una delle quali si sostanzia in un atteggiamento di attesa. I fautori di questa tesi ritengono opportuno che la pratica debitoria passi tra i vari uffici, fino a che vada in sofferenza. Solo allora – si ritiene – sarà conveniente porre in essere una trattativa con la banca, finalizzata al raggiungimento di un accordo di saldo e stralcio.
Pro e contro
La bontà di questo approccio è indubitabile, tuttavia non vanno trascurati alcuni dettagli. Se da un lato tale scelta si fa apprezzare per la rapidità e per il suo carattere extragiudiziale, non si possono di certo sottacere due aspetti non di poco conto. Innanzitutto, il fatto che la segnalazione esiste e persiste fino a 3 anni dopo il pagamento dell’importo pattuito nell’accordo. In secondo luogo, non è da scartare l’ipotesi che un accordo con la banca non venga raggiunto e che, conseguentemente, sia i beni dell’imprenditore che quelli del fideiussore possano essere aggrediti dall’istituto che ha erogato il credito.
2) Contestare la banca
Altra possibilità è quella di contestare la segnalazione. Ciò è possibile in forza di elementi da cui si può desumere l’irregolarità dell’affidamento (esempio: per usura o anatocismo), o l’invalidità del contratto per mancanza di determinati elementi (come la proposta e l’accettazione). La contestazione comporta la rideterminazione del saldo, che, seppur ancora negativo, potrebbe così risultare inferiore al limite di fido concesso, con conseguente illegittimità della segnalazione. Il relativo accertamento giudiziale comporterebbe poi la rettifica della segnalazione e la bancabilità del debitore, ossia la possibilità di accedere nuovamente ai finanziamenti. In alcuni casi è perfino possibile chiedere il risarcimento del danno cagionato da una segnalazione illegittima.
Quale scegliere?
Quello appena descritto è un procedimento lungo, oneroso e complesso. Al contempo, però, non se ne può negare un beneficio evidente: il fatto che la contestazione arresta l’esigibilità del credito. Pertanto, nelle more del giudizio, i beni del debitore non saranno aggredibili, come invece potrebbe accadere allorché non si concretizzi l’ipotesi del saldo e stralcio. Scegliere a scatola chiusa non è però consigliabile. Più indicato è verificare quale dei due approcci è più adatto al caso concreto, dal momento che ogni realtà imprenditoriale presenta delle caratteristiche che la distinguono dalle altre. Il saldo e stralcio è di certo una procedura più, ma questo non basta a renderla preferibile, a tal proposito lo Studio Del Pesce e Russo non offre soluzioni precostituite per tutti i casi ma ha sempre attentamente pianificato la strategia migliore per ogni specifica posizione.